e davvero 2milioni d € corrispondessero al 2% del capitale sociale....
non ho mai parlato di capitale sociale ma di investimenti.
Ovviamente, se, come mi pare di aver capito, si tratta di un'azienda che è stata costituita da zero, ci sono stati investimenti che ovviamente vengono coperti da finanziamenti e/o rifinanziamenti dei soci (poi qui ci sono aspetti fiscali particolari che tralascerei..).
Di norma e per logica la copertura degl'investimenti è in proporzione alle quote di ripartizione di eventuali utili.
sembra che questo 2% nn abbia alcun peso; diciamo che, ai fini del controllo societario e della suddivisione d perdite e profitti può nn avere questa grande rilevanza, e diciamo anche che, ai fino del controllo, accordi interni stabiliscano che c sia equilibrio tra i 2 soci, ma....
la tematica è complessa e tocca diversi punti.
i più importanti sono relativi ad eventuali bilanci di holding che controllano diverse aziende e alla valorizzazione delle partecipazioni che sono fatte su basi economiche (bilancio dell'azienda partecipata) ma anche su basi prospettiche (prospettive di guadagno dei prossimi anni)
il valore di una partecipazione al 40% in una società non è doppio di quella che si avrebbe se della stessa società possedesse il 20%, come logica vorrebbe, ma molto superiore proprio perchè il peso decisionale che mostra il 40% è molto differente.
Nel contempo, posso supporre, che chi possiede il 49% abbia dei vantaggi a compensare questa differenza scritti nei patti para-sociali.
Chi legge un bilancio, e lo fa di mestiere, legge in una divisione 51/49 una pariteticità di fatto di apporto nella società ed una pariteticità decisionale.
se ci fosse stato un 80/20 o un 60/40 sarei andato in cerca di un'altra società (in un altra nazione?), a quote invertite. se avessi letto 90/10 avrei pensato ad una società effettivamente dominata dal 90 in cui però il 10 ha apportato un valore importante per l'operatività sullo specifico mercato e l'azienda che ha il 10 vanta certamente un diritto di prelazione sulla vendita di quote.
ovviamente sono ragionamenti basilari su cui poi bisogna andare a fondo.
a questo aggiungi il valore delle quote in caso di eventuale richiesta da parte di un socio di rilevare la quota dell'altro.
In quel caso possedere il 49 è ciò che più garantisce chi ha apportato asset, come il marchio, cosa che di norma è regolato in contratti separati e con durate temporali, anche semi-eterne o altro non legate alla permanenza nella società del socio apportatore.
Qui nei vostri ragionamenti avete trascurato la presenza di asset, che io non conosco a parte il marchio che avete citato, che può avere un peso rilevantissimo nella redazione dei patti parasociali ancora di più se l'asset apportato cresce il suo valore con l'operatività dell'azienda.
Però penso che se in Cofel sono giganti, in B&T nn debbano essere proprio degli scemi! Mi spiego: "ok, associamoci, ma nn per farmi le scarpe! Altrimenti siamo in regime d libero mercato, però t arrangi da solo!"
Ti sbagli di grosso. vedila da un altro punto di vista.
tu sei il 49%. accetteresti di apportare un valore, ad esempio un marchio, di sostenere rischi economici di dover fare eventuali investimenti o coprire perdite per la metà di una società che non può operare in piena concorrenza sul mercato?
io dico di no a meno che questo mercato non sia tale e tanto ricco, oppure ti poni su target talmente diversi da non poter entrare in concorrenza.
Ad esempio uno vende bigiotteria e l'altro rolex.
Ma non mi pare questo il caso.
Per esperienza, visto che la costituzione di queste società è anche parte del mio lavoro, ti posso assicurare che questo tipo di accordi è la normalità.
Ci sono molte aziende italiane che hanno portato sul nostro territorio marchi stranieri importanti creando joint venture in piena concorrenza con il loro brand storico magari leader.
Questo può essere fatto per diversi motivi
- porto sul mercato italiano tecnologie brevettate che non potrei avere se non attraverso un joint venture con il proprietario del brevetto (oggi direi il caso più frequente)
-perchè l'accordo sul nostro territorio ha poi risvolti in altri mercati (io ti aiuto a distribuire il tuo brand in italia dove ho una esprerienza e tu mi aiuti in un altro paese dove hai una esperienza e io no)
- perchè l'accordo porta con se esperienze sulla produzione, sulla gestione o acquisizione di know how
- semplicemente perchè la leadership del partner italiano rappresenta comunque una percentuale limitata del mercato. ad esempio, io sono leader con il 3% del mercato perchè gli altri rappresentano al massimo lo 0,2% ma ciò non toglie che per me c'è un 97% di mercato da conquistare e che io non sono stato in grado o non posso coprire.
Se anche scendo al 2,7% per effetto della concorrenza della mia collegata, ma questa raggiunge il 2% del mercato, io di fatto, rappresento il 3,7% del mercato (2,7% più la metà del mercato della collegata).
Poi bisognerebbe valutare se il costo per conquistare l'uno per cento in più creando la joint venture, è ragionevole a confronto con un investimento paritetico fatto nell'azienda madre per conquistare lo stesso 1%.
Quest'ultima valutazione di norma è basilare ma non può essere fatta solo in ragione di aspetti puramente finanziari ma viene svolta in relazione a condizioni di mercato e situazioni distributive ecc.
Poi come ho detto un valore intangibile sono gli scambi di esperienza.
Rispettando la tua idea il tuo ragionamento sulla concorrenza è ciò che ha frenato molte aziende italiane nel loro sviluppo in italia e soprattutto all'estero e ha fatto il successo invece di chi ha capito che l'associazionismo su certi mercati è la strada migliore per ridurre i tempi di sviluppo di un mercato.
Un grande imprenditore italiano cliente dello studio in cui lavoro ama ripetere "valuta se sono abbastanza grandi per farlo da soli. se lo sono, meglio che lo facciano con noi. se non lo sono, non vale la pena lavorare con loro. non abbiamo niente da imparare"
a mio avviso se sei leader meritatamente non temi la concorrenza, anzi la concorrenza seria ti aiuta a crescere perchè fa cresere il mercato, se hai paura di perdere quote di mercato è perchè non sei veramente leader